PROPORZIONI  E  PERCENTUALI,  RISCHI,  ODDS  E  TASSI

 

 

5.1.   TERMINI TECNICI IN EPIDEMIOLOGIA: MISURE DEL RISCHIO

 

Nel capitolo precedente, sono state presentati alcuni metodi per l’inferenza sulla media e sulla varianza. Essi possono essere utilizzati per misure continue, quando i dati sono misurati con scale a intervalli o di rapporti. Altre volte, il fenomeno è di tipo nominale o categoriale, come gli individui guariti o non guariti con la somministrazione di un farmaco. La sua misura è un conteggio, quindi una frequenza assoluta.

La prima elaborazione di questa informazione

- è il rapporto tra il numero di individui con la caratteristica analizzata e il numero totale di individui che formano la popolazione analizzata.

Si ottiene una proporzione, spesso espressa come percentuale:

-  la proporzione è quasi sempre richiesta dalle formule per i calcoli e quindi nell’inferenza;

-  la percentuale è la misura corrispondente che spesso viene fornita nella comunicazione dei dati  e nella statistica descrittiva, poiché nel linguaggio comune è di più immediata comprensione.

Con la trasformazione della frequenza assoluta in proporzione, diventa possibile il confronto delle frequenze rilevate in campioni diversi, nei quali spesso il numero di individui che formano la popolazione è differente. L’uso delle proporzioni ha essenzialmente tre scopi:

-   descrivere la diffusione del fenomeno,

-   confrontare situazioni differenti,

-   prevedere il risultato, al variare dei fattori di rischio.

 

Proporzioni e percentuali sono utilizzate con frequenza in epidemiologia. Servono per indici e misure differenti, identificati in modo corretto e univoco solo mediante l’uso di termini tecnici specifici, se non si vuole ricorrere ogni volta a spiegazioni lunghe e dettagliate. La conoscenza esatta di tali termini è utile anche in molte discipline biologiche, farmacologiche e ambientali, che sono interessate allo studio di patologie di origine diversa, per la ricerca delle cause e dei fattori di rischio.

I termini specifici di uso più frequente sono:

prevalenza e incidenza;

morbilità, letalità, mortalità;

rischio relativo (RR), riduzione del rischio assoluto (RRA), riduzione del rischio relativo (RRR).

 

Quando si misura la presenza di una malattia in una popolazione, si utilizza l’indice di prevalenza (prevalence). Si parla anche di tasso di prevalenza, definito come

- il rapporto tra il numero di persone ammalate e quello delle persone che formano la popolazione complessiva, espresso in percentuale:

 

La prevalenza può essere misurata in due modi:

-  in un momento preciso, come avviene in un censimento: è la point prevalence;

-  in un periodo di tempo, come le persone influenzate nel mese X: è la period prevalence.

In demografia e in epidemiologia, si distingue tra statistiche di stato e statistiche di flusso:

-  si hanno statistiche di stato, quando si vuole sapere quante sono le persone, le famiglie, o una categoria qualsiasi di individui, presenti oppure residenti in una zona stabilita, in un momento preciso, identificato da una data esatta;

-  si hanno statistiche di flusso quando si contano le nascite, i matrimoni o i decessi, in una zona prestabilita, ma in un periodo di tempo, che di solito è l’anno, ma che può essere il mese, la settimana o il decennio.

 

In varie situazioni, oltre alla prevalenza si è interessati a sapere quanti sono i casi nuovi che compaiono in un intervallo di tempo prefissato. La durata del periodo di osservazione varia in funzione del ciclo o della durata della patologia. Si parla di incidenza (incidence) o meglio di tasso di incidenza, definito come

-  il rapporto tra il numero di persone che si sono ammalate nell’intervallo di tempo e quello delle persone che formano la popolazione complessiva;

 espresso in percentuale è

 

Quando si calcolano i tassi come nella formula precedente,

-  gli eventi (riportati al numeratore) avvengono in un intervallo di tempo (x) abbastanza lungo,

-  durante il quale la popolazione (riportata al denominatore) cambia tra l’inizio (Pt) e la fine (Pt+x) del periodo di osservazione.

Di conseguenza, al denominatore deve essere riportata

 la popolazione media (Pm) del periodo

In malattie croniche o di lunga durata,

-   il tasso di prevalenza e il tasso di incidenza sono tra loro correlati attraverso la durata,

 per la relazione:

Tasso di Prevalenza = Tasso di Incidenza  x  Durata

Ovviamente, conoscendo due parametri, si ricava il terzo.

 

ESEMPIO 1.   Per lo studio della frequenza di un’allergia, su un campione di 568 individui 126 hanno presentato i sintomi evidenti della patologia. Secondo le cartelle del medico presso il quale i pazienti sono in cura, tra i 126 ammalati 38 hanno iniziato a presentare la patologia nell’ultimo anno.

Calcolare il tasso di prevalenza, il tasso di incidenza e stimare la durata della patologia.

 

Risposte. Il tasso di prevalenza

 è uguale al 22,18 per cento.

Il tasso di incidenza

 è uguale al 6,69 per cento.

La durata dei sintomi di questa malattia

 è uguale a 3,32 anni.

(Perché l’incidenza è stata valutata in anni).

 

Altri indicatori usati con frequenza, nello studio di malattie che

-   comportano giorni di degenza

-   e/o  possono causare la morte del paziente,

 sono il tasso di morbilità, il tasso di letalità e il tasso di mortalità.

Il tasso di morbilità:


Il tasso di letalità:

Il tasso di mortalità:

 

Per calcolare e comunicare correttamente il tasso di mortalità, sono necessarie due avvertenze:

-   il periodo di analisi spesso è lungo; quindi, nelle formule in cui al denominatore c’è la popolazione, si deve intendere la popolazione media, tra quella censita all’inizio e quella censita alla fine del periodo di osservazione;

-  quando gli eventi sono rari, come nel caso di molte patologie, il rapporto non è moltiplicato per 100 ma per potenze di 10 nettamente superiori. Si utilizzano valori da mille (103) a un milione (106), in modo che il risultato sia almeno qualche  unità o alcune decine.

Ad esempio,

-  non si riporta 0,31 per cento (0,31%),

-  ma 3 su mille oppure ancora meglio, per una stima più dettagliata, 31 su diecimila.

Nelle misure che riguardano le popolazioni, si usano due termini:  tassi e probabilità.

In comune hanno il numeratore, cioè il numero di individui morti in un intervallo di tempo. Ma

-  mentre i tassi sono calcolati in rapporto alla popolazione media,

-  le probabilità sono calcolate in rapporto alla popolazione iniziale.

Queste ultime in particolare servono quando si costruiscono le tavole di mortalità (life table) o analisi della sopravvivenza (in un paragrafo successivo sono illustrate le differenze tra tassi  e probabilità, evidenziando graficamente i concetti con il diagramma di Lexis).

 

Molto spesso l’ambiente e lo stile di vita sono la causa principale della comparsa di una malattia. Ogni persona che vive questi fattori è sottoposto a un rischio (risk) di contrarre la malattia. Si parla allora di rischio relativo (relative risk), in rapporto alla situazione normale o di controllo. La causa della malattia è il fattore di rischio (risk factor), come può essere lo stile di vita del fumo attivo o passivo per malattie polmonari e l’esposizione a sostanze nocive in ambienti di lavoro non totalmente protetti. Gli individui che vivono la situazione di rischio sono detti esposti.

Tale rischio relativo (RR; anche in inglese da Relative Risk) è misurato mediante  il rapporto

-   tra l’incidenza in persone esposte al fattore di rischio ()

- e l’incidenza in persone che non sono mai state esposte ()

 

Se l’esposizione a un fattore ambientale determina un rischio maggiore, ci si può chiedere di quanto diminuirebbe il rischio, eliminando l’esposizione a quel fattore. Tale stima può essere fornita in due modi: dalla

1)  Riduzione del Rischio Assoluto (RRA), misurato mediante  la differenza

-   tra l‘incidenza in persone esposte al fattore di rischio ()

-   e l’incidenza in persone  non esposte ()

 

2)  Riduzione del Rischio Relativo (RRR), misurato mediante il rapporto

-   tra la differenza dell‘incidenza in persone esposte e in persone non esposte ()

-   e l’incidenza in persone esposte ()

 

ESEMPIO 2.  In un’analisi sugli effetti dell’amianto nelle malattie polmonari, in cinque anni di osservazione e controlli costanti, su 800 lavoratori esposti 55 hanno presentato patologie specifiche. Nel campione di controllo, formato da 1550 persone non esposte e con età e lavori simili, 38 hanno presentato le stesse patologie.

Determinare il Rischio Relativo, la Riduzione del Rischio Assoluto e la Riduzione del Rischio Relativo.

 

Risposta.  Prima di passare ai calcoli è sempre bene presentare i dati in tabelle. Nel caso specifico, quella più adeguata è

 

 

Patologia

 

Si

No

Totali

Individui Esposti

55

745

800

Individui Non-Esposti

38

1512

1550


Poiché i casi sono quelli nuovi comparsi in un intervallo di tempo, anche se è lungo, è possibile calcolare le due incidenze

-  per gli individui esposti, l’incidenza è   o  68,7 per mille;

-  per gli individui non-esposti, l’incidenza è   o  24,5 per mille.

 

Il rischio relativo (delle persone esposte)

 

 è 2,80 volte quello della situazione normale o di confronto, vale a dire quello delle persone non esposte.

 

La riduzione del rischio assoluto

 sarebbe uguale a 0,0442  o  44,2 per mille.

 

La riduzione del rischio relativo

 

 

 sarebbe pari al 0,64  o  64 per cento.

 

 

In altre discipline, come in tossicologia, è prassi valutare non la riduzione del rischio ma il rischio aggiuntivo, causato da una sostanza che si reputa nociva e della quale si vogliono misurare gli effetti tossici. La sua analisi statistica è meno intuitiva di quella della riduzione del rischio.

In queste ricerche, spesso si devono valutare gli effetti letali o sulla crescita, mediante la proporzione di decessi o di individui immaturi, contati su un campione di n cavie, dopo un determinato periodo di esposizione. Poiché normalmente si hanno decessi di cavie anche quando si somministra il placebo, l’effetto reale del tossico non può essere  misurato come semplice differenza con il placebo.

Per esempio,

-   se somministrando il placebo la proporzione di decessi è 0,15 e quella con il tossico è 0,27

-   l’effetto aggiuntivo del tossico non è 0,12 (cioè 0,27 - 0,15).

Il calcolo del rischio aggiuntivo deve considerare solo la proporzione che sarebbe sopravvissuta senza il tossico. In modo più formale,

- se con il placebo nel tempo t muore una proporzione p1 degli individui che formano il controllo

- e ovviamente la proporzione di quelli che sopravvivono è 1-p1,

  con il tossico la proporzione di decessi sarà

p2 = p1 + f (1-p1)

 

ESEMPIO 3.  Per valutare l’effetto di una sostanza tossica diluita nell’acqua, in ecotossicologia tra i vari indicatori si utilizza anche la percentuale di Dafnie che non arrivano a maturità sessuale. Si supponga che con il controllo la proporzione di femmine che non hanno prodotto uova sia  0,3 e sia stato ripetutamente dimostrato che il tossico determina un rischio aggiuntivo di  = 0,2.

Quale sarà la proporzione di animali sottoposti all’effetto del tossico che non produrranno uova?

 

Risposta.  Con  p1 = 0,3 e che f = 0,2  

la proporzione p2 di individui che non produrranno uova

p2 = 0,3 + 0,2×(1 - 0,3) = 0,44

 risulterà uguale a 0,44 (non 0,50 come si sarebbe ottenuto con la somma 0,3 + 0,2  cioè p1 + f).

 

Occorre sottolineare che quando la mortalità del controllo è alta (per es.: p1 = 0,70), lo stesso effetto della sostanza tossica (f = 0,2) determina nel campione esposto una proporzione p2 di decessi che, in valore assoluto, risulterà minore.

Con p1 = 0,70 e ancora f = 0,2

p2 = 0,70 + 0,2 (1 – 0,7) = 0,76

 la proporzione totale di decessi p2 risulta uguale a 0,76.

E’ un incremento in valore assoluto di 0,06 (0,76 – 0,70) che potrebbe apparire determinato da un effetto aggiuntivo minore, rispetto all’incremento di 0,14 (0,44 – 0,30) stimato nel caso precedente.

In realtà, il tossico determina una aumento della mortalità o rischio aggiuntivo (f) esattamente identico e pari a  0,20.

 

Per il confronto tra gli effetti di due o più sostanze tossiche è quindi importante calcolare correttamente f, il fattore di rischio aggiuntivo o la differenza relativa di p2 rispetto a p1.

Il rischio aggiuntivo f è dato da

f =


 

ESEMPIO 4.  Nell’analisi di un ambiente inquinato, nell’intervallo di tempo t1 – t2, la quota di decessi è risultata pari a 0,28. Con un intervento di risanamento, si suppone di aver eliminato uno dei fattori responsabili dell’inquinamento. Nuove analisi stimano che nello stesso tempo t la quota di decessi è scesa a 0,19.  Valutare la differenza relativa o il fattore di rischio eliminato.

 

Risposta. La differenza relativa o il fattore di rischio (f) eliminato

 con    p2 = 0,28    e    p1 = 0,19  è

f = 0,111

 uguale a 0,111.

 

 

 

 

Manuale di Statistica per la Ricerca e la Professione  © Lamberto Soliani   - Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Parma  (apr 05 ed)  ebook version by SixSigmaIn Team  - © 2007